Mollificio Co.El. – La cultura della qualità

Macchine in produzione mollificio Co.El.Nel 1980 prende avvio la CO.EL. Componenti Elastici, con sede a Torre de’Busi, nel lecchese, in seguito alla ristrutturazione dell’azienda fondata nel 1961 dal padre dell’attuale titolare, Ippolito Cortesi.

Nel tempo e in più step sono stati effettuati ampliamenti della struttura produttiva, congiuntamente alla realizzazione di un moderno laboratorio di controllo completamente informatizzato in grado di garantire un’elevata qualità al prodotto realizzato.

Recentemente, per dare spazio e vigore alla crescita, si è ripreso con enfasi questi cammino con il raddoppio dell’area coperta.

La gamma dei prodotti

La CO.EL. realizza molle di qualsiasi tipo: a compressione (cilindriche, coniche e biconiche, con terminali normali o rettificati), molle a torsione (che si caratterizzano per i gambi terminali sui quali sono realizzate pieghe per adattarle alle specifiche esigenze), molle a trazione (con occhielli tedeschi, inglesi, tangenziali semplici e doppi, allungati o a disegno), molle a doppia torsione (prodotti particolari perché rappresentano la sintesi di due molle a torsione unite insieme), molle in filo sagomate, molle nastro piegate e/o tranciate nonché particolari assemblati. I materiali utilizzati comprendono fili, piattine e nastri in acciai al carbonio o legati, leghe di nichel e di rame, conformi alle norme in vigore.

Come affrontare il mercato

La situazione del mercato delle molle è cambiata moltissimo negli ultimi 10 anni. In Europa il costo del lavoro è molto elevato e se si vuol vendere, è necessario offrire una qualità elevata” afferma Angelo Cortesi, direttore generale della CO.EL. “Di conseguenza la nostra azienda si è adeguata per soddisfare le nuove esigenze del mercato nel migliore dei modi”.

All’inizio degli anni 2000 il discorso qualità è stato affrontato con un approccio culturale. Questo è servito ad implementare la ISO 9001.

Negli ultimi anni invece, si è investito moltissimo sulla tecnologia per eseguire controlli sempre più velocemente con strumenti automatici, facendoli dialogare direttamente con il sistema informativo aziendale.
È stata introdotta molta tecnologia soprattutto a bordo macchina, inserendo strumenti idonei a effettuare sia controlli di processo in continuo, sia controlli fatti dall’operatore.
Tutto è gestito informaticamente con ‘ricette’ che stabiliscono quali dimensioni controllare, le tolleranze da applicare e la frequenza di misura. Il calibro digitale centesimale, anche se sempre a disposizione, viene utilizzato il meno possibile perché può portare nella misurazione a potenziali errori, essendo le molle un prodotto complicato da misurare, anche se a effettuare la misura è un operatore dotato di ottima sensibilità. Pertanto ci si affida a strumenti di misura senza contatto come per esempio telecamere e misuratori ottici.
Sono anche utilizzati prova-molle e torsiometri per controllare i carichi, nonché durometri per le durezze, una serie di strumenti anche molto costosi, ‘in quanto non è possibile realizzare un prodotto di qualità senza dare evidenza della propria capacità di processo’. Oggi posando semplicemente sul ‘piano di misura’ il prodotto, non solo le misure vengono eseguite molto più rapidamente che in precedenza, ma sono rilevate contemporaneamente misure di molte più dimensioni garantendo una più alta qualità. In futuro le misurazioni dovranno essere sempre più veloci e su una quantità di dimensioni sempre crescente.
Nella scelta dei materiali la CO.EL. ha una strategia ben definita; il prezzo più elevato del prodotto fornito deve essere giustificato anche da una materia prima ‘blasonata’ e di buona qualità. In primis” riprende Angelo Cortesi “la qualità finale del prodotto è diretta conseguenza della qualità della materia prima usata e poi dobbiamo essere noi i primi a difendere il nostro lavoro”.

Questi due principi hanno portato CO.EL. a preferire, quando possibile, l’acquisto di materiale prodotto in Italia.

Si può, nel fare impresa, nel fare qualità, effettuare scelte etiche e di civiltà senza perseguire esclusivamente valutazioni economiche, finalizzate solo a massimizzare il profitto” prosegue Angelo Cortesi. “Gli imprenditori hanno sempre pensato che l’etica nell’impresa fosse solo quella di creare profitto, senza preoccuparsi delle conseguenze delle scelte. Oggi costatiamo con tristezza quanto si siano impoverite le nostre comunità e quanto sia mal ridotto il nostro pianeta”.

Zero difetti

Tornando al problema qualità: ormai si parla di 50-30-20 ppm o, addirittura, di zero difetti, cioè 50, 30 o 20 parti per milione di pezzi difettosi oppure nessun pezzo difettoso. Zero difetti significa che se in una fornitura di un milione di molle si trova un pezzo difettoso il cliente può scartare l’intero lotto – o comunque insorgono problemi. Il fornitore poi è chiamato sempre più a rispondere dei danni che il prodotto difettoso comporta: ritiri dal mercato, fermi linea e, da questo punto di vista, la situazione si sta sempre più complicando ed è piuttosto seria.

Il punto su cui è difficile trovare un accordo è determinato da lfatto che il cliente chiede zero o pochissimi difetti, ma spesso non è disposto a pagare il costo per garantire l’eccellenza del prodotto.
Il fornitore quindi dovrebbe garantire questo tipo di conformità senza, però, vedersi riconosciuta la spesa affrontata per dotarsi, per esempio, di macchine particolarissime che identifichino il pezzo e lo possano verificare su numerosi requisiti effettuando controlli al 100%.

In genere viene sottovalutato da parte del cliente lo sforzo economico del fornitore. Inoltre non tutti i requisiti sono misurabili e verificabili; per esempio, quando si parla di rotture a fatica diventa molto difficile garantire 50 o 100 ppm perché la rottura non è misurabile, nemmeno prevedibile, e i test sono possibili solo a livello statistico e sono di tipo distruttivo: impensabile testare il 100% del lotto.

Quello che sto notando,” afferma Cortesi, “è che nessuno più si vuole caricare di quello che un tempo veniva chiamato rischio di impresa. Nel passato ogni azienda era responsabile di quello che faceva: se paradossalmente montava molle sbagliate, la responsabilità era indiscutibilmente dell’azienda che aveva montato il prodotto, mentre al fornitore si chiedeva esclusivamente di sostituire il lotto. La forte concorrenza ha portato i fornitori a firmare contratti capestro che inizialmente non venivano considerati, ma poi le cose sono cambiate e piano piano le grandi aziende, soprattutto quelle del settore automotive, hanno cominciato ad applicare le clausole sottoscritte. Oggi, questo comportamento di scaricare le responsabilità sulla catena di fornitura sta facendo sorgere numerosi interrogativi. Il mio parere” conclude Cortesi “è che questa situazione si trasformerà, prima o poi, in un conflitto tra cliente e fornitore.

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Articolo pubblicato sulla rivista Tecnologie del Filo – Marzo 2018